Lunedì 30 gennaio, poco più tardi delle 8, ho appreso dal web che la statua di Maria, nei giardini di via Quasimodo, cuore del quartiere di Torangius, era stata distrutta durante la notte. Subito mi sono recato a prendere atto di persona dell’accaduto e rendermi conto della violenza del gesto. Non ho potuto fare altro che aiutare i presenti a raccogliere tutti i pezzi e chiedere che quanto restava in piedi venisse asportato. L’unico sentimento in grado di descrivere ciò che questo atto vandalico ha provocato in noi è una profonda tristezza. Come ha dichiarato il nostro Arcivescovo commentando l’accaduto, le statue dei santi sono «simboli di pace», che senso ha accanirsi contro? Non oso fare ipotesi sulle intenzioni dell’autore o degli autori del sacrilegio. Potrebbe anche trattarsi di persone non totalmente capaci di intendere e di volere, caso in cui la responsabilità morale sarebbe relativa. In ogni caso, resta che l’immagine di Maria è stata distrutta. Era lì solo da pochi anni, tutti i giorni tante persone si fermavano ai suoi piedi per rivolgere una preghiera, affidare i propri cari e il mondo a Maria, «segno di sicura speranza e di consolazione» (Lumen Gentium, 68), a fronte di un quotidiano spesso colmo di travagli. Tuttavia, da credenti, non ci arrendiamo. Allo sfregio rispondiamo con tante più lodi alla Madre di Dio e da questa ferita ne usciremo in definitiva rafforzati. «Del resto, noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, che sono stati chiamati secondo il suo disegno» (Rm 8,28). Anzi, traggo spunto dall’accaduto per allargare la riflessione. La B.V. Maria è immagine e modello della Chiesa, nostra madre. Se è vero che non si può plasticamente prendere a sassate l’edificio spirituale del Corpo di Cristo, è vero che esiste una forma di distruzione della comunità cristiana che, per le sue conseguenze, è più grave e subdola di quanto accaduto a Torangius nei giorni scorsi. Papa Francesco, nell’omelia alla parrocchia romana di Santa Maria a Setteville, ha affermato che in ogni comunità «c’è una collezione di peccati: uno prende questo, uno prende quell’altro, ma tutti siamo peccatori. Ma quello che distrugge, come il tarlo, una comunità sono le chiacchiere, dietro le spalle» (15/01/2017). Il pettegolezzo, sia esso calunnia o maldicenza, unito alla non accoglienza, al pregiudizio invincibile nei confronti del prossimo e al disinteresse reciproco sono i tarli che quotidianamente – come una goccia che pian piano erode la pietra – deturpano la comunità cristiana, intristiscono i credenti, spezzano una canna già incrinata e spengono una fiamma smorta (cf Mt 12,20). Fanno scandalo, cioè, e allontanano. Lì, in via Quasimodo, la statua di Maria, Madre della Chiesa, tornerà. E le chiederemo proprio il dono della carità che edifica.
don Maurizio