Aiutateci a migliorare il servizio ai bisognosi del nostro quartiere.
Nella capannina, spesso, vengono depositati abbigliamento e scarpe che non sono utili, costringendo i volontari a fare una grande selezione di materiale da buttar via.
Impariamo ad aiutare il prossimo con educazione e rispetto, non con l’atteggiamento di chi considera i meno fortunati come il cassonetto del proprio superfluo. Fare del bene, infatti, significa pensare al prossimo, cioè alle altre persone prima ancora che preoccuparsi di fare il cambio dell’armadio.
Aiutateci a migliorare il servizio dei volontari della Caritas, spiegando a più persone possibile che è corretto osservare determinate regole di comportamento.
Grazie.
Don Gianni
Archivi per Novembre 2018
Una comunità a servizio di tutti
Una comunità a servizio di tutti
La comunità non è una società di servizi così come viene intesa oggi nella concezione del lavoro. Questa infatti si preoccupa di eseguire determinati “servizi” al cittadino in cambio di un’adeguata retribuzione economica, cioè, in altre parole, esegue un lavoro per essere pagato; lo scopo, il fine non è il servizio in sé ma il guadagno che consegue dal servizio svolto. Tutto questo è molto diverso dal contesto della società di servizi espressa come comunità parrocchiale. Il fine del servizio, infatti, è il bene comune più che il tornaconto personale o aziendale; in altre parole, si compie un determinato lavoro per seminare BENE, ritenendo questo come guadagno o tornaconto. Insieme al carisma nella Chiesa si sviluppa il servizio, il ministero, così che, come abbiamo già detto in precedenza, sul numero della settimana scorsa, i pilastri della vita comunitaria diventando il carisma e il ministero (servizio). Proprio sulla ministerialità c’è da fare una riflessione particolarmente attenta sul significato delle espressioni usate e dei singoli termini. Le parole “Ministero” e “Magistero” hanno nella storia della Chiesa un significato importantissimo, non trascurabile, legato in tutto e per tutto al senso originario, derivato dalle parole latine corrispondenti: il ministero presuppone il servizio nella comunità, secondo gli incarichi ricevuti; il magistero indica invece il potere decisionale, ed è composto da coloro che affidano gli incarichi, i ministeri. Dall’altra parte, il nostro modo di vivere in questa società, i nostri concetti e i nostri modelli culturali, ci hanno portato a cambiare il significato delle parole, per cui il ministero diventa l’istituzione che impone le regole e il magistero colui che subisce e obbedisce alle regole imposte: il Ministro sta al potere e il Maestro sta al servizio. In realtà la parola ministro contiene in sé l’espressione latina minus che significa più piccolo, mentre la parola maestro contiene in sé l’espressione magis che significa più grande. Credo che tutta questa confusione, non solo terminologia ma anche mentale e culturale non fa altro che impedirci di capire il valore del servizio come ministero, ossia fatto non per pura ispirazione ma anche e soprattutto perché si vive all’interno di una società più ampia che continuamente ci richiede di metterci a servizio. Il ministero è concretamente un servizio istituito e ordinato al bene della comunità, non solo quando e se ne ho voglia, ma sempre, finché ci viene richiesto quel dato servizio.
Don Gianni
Ammirare il servizio degli altri
Ammirare il servizio degli altri
In un foglio completamente bianco con un puntino nero, ciò che vediamo è solamente il puntino nero. È altrettanto vero che in un ambiente completamente scuro e buio la fiammella di un cerino è l’unica cosa di assolutamente visibile. Ciò che cambia nei due casi è l’atteggiamento di chi vede e vive quel determinato momento. Nel primo caso, il fatto di vedere il punto nero nel foglio bianco, spesso, genera il concetto che il punto nero sia fuori luogo, invadente, di disturbo, una macchia, un errore. Nel secondo caso, la piccola luce nel buio diventa una speranza in mezzo alla paura, un piccolo pensiero positivo in mezzo all’oscurità. Sembrano situazioni totalmente simili, anche se opposte, ma creano conseguenze e atteggiamenti differenti. Mi preme spiegare in questa riflessione che il nostro atteggiamento di fronte alle diverse situazioni è in grado di modificare la visione generale del tutto, trasformando la realtà in cui siamo in qualcosa di positivo o in qualcosa di negativo. Si potrebbero fare, a questo proposito, tantissimi esempi per capire quanto il nostro modo di fare, di atteggiarci e di giudicare può diventare facilmente un punto nero in un foglio bianco piuttosto che una piccola fiammella nell’oscurità. Nessuno di noi è perfetto nelle cose che fa e certamente nessuno ha delle capacità infinite, nemmeno nello spazio o nel servizio in cui si trova maggiormente a proprio agio. D’altra parte è vero anche che ogni piccola azione può diventare importante, soprattutto se fatta con retta intenzione e se viene unita alle piccole azioni di tutti gli altri. Ritengo che sia dovere fondamentale di tutti riconoscere il buono degli altri e usare il senso critico per considerare il tutto anche dal punto di vista della sua positività. Molto spesso, coloro che riescono a scorgere i difetti, si considerano persone intelligenti e dotate di notevoli capacità, ma qualche volta l’uso dell’intelligenza e delle proprie capacità dovrebbe essere utilizzato per gioire per la bravura o, in mancanza di essa, almeno per lo sforzo di chi si mette in discussione per fare un servizio agli altri.
Don Gianni
Vicariato urbano: pomeriggio di divertimento – 4 novembre 2018
Una comunità che non si arrende – 02
Una comunità che non si arrende
La comunità, in buona sostanza non è un insieme di persone in cui alcuni comandano ed altri servono o in cui alcuni hanno un servizio da compiere ed altri usufruiscono di questi servizi. Non possiamo nemmeno pensare di esprimere i contenuti della comunità parlando di diritti e di doveri, perché questo sarebbe più consono ad un idea di società civile più che ad un concetto di comunità; ad ogni modo l’una non esclude l’altra, anche perché il concetto di società civile si presenta più come una condizione statica che, sebbene in continua ricerca di crescita e di miglioramento, ha già in sé tutto ciò che ricerca, mentre il concetto di comunità presuppone uno scopo da raggiungere che va aldilà della comunità stessa: la comunità deve avere un fine comune; questo fine comune darà, a sua volta, un’identità e un senso alla stessa comunità. Prendendo in esame in modo particolare la comunità parrocchiale, in quanto piccola comunità ecclesiale, potremmo dire che essa si muove, più che con delle regole scritte e inderogabili, tra carisma e servizio. Questi sono i pilastri principali, i motivi essenziali che consentono di vivere in comunità con entusiasmo e gioia e di far vivere la comunità stessa con speranze sempre nuove. Fermiamoci allora su questi due elementi. Il CARISMA è inteso come un dono, una qualità personale che va fatta fruttare mettendola a disposizione degli altri. Il carisma e la capacità di fare qualcosa in modo naturale; ogni uomo ha i suoi o il suo, e anche quando dovesse esserci un solo carisma, un solo dono/capacità, questo non può e non deve restare nascosto perché, cosi facendo, perderebbe tutta la sua importanza. La nostra società attuale non riesce a concepire bene il valore del mettere a disposizione degli altri le proprie capacità perché ha dirottato la sua attenzione più ad un profitto economico che ad una crescita della società. Il carisma deve perciò contenere in sé il valore della gratuità e dell’apertura all’altro. Sono convinto che se più persone riescono a vivere con questi due semplici valori non avranno mai grandi carenze né necessità improvvise, perché ci si soccorre in modo vicendevole, ci si aiuta l’un l’altro in modo quasi naturale, così come avviene in una qualsiasi famiglia in qui non prevale il proprio interesse economico ma il bene dei propri fratelli.
Don Gianni